Torna all'archivio
DIETA & SPORT
21/11/2013
Alimentazione e attività fisica rappresentano oggi, le armi più potenti nella prevenzione delle differenti patologie, e nel mantenimento dello stato di salute.
Gli importanti vantaggi che si ottengono in termini metabolici, consentono alla singola cellula, al tessuto e all'organismo in toto di adattarsi a nuovi stimoli, ottimizzando le proprie capacità energetiche, funzionali e strutturali.
Perchè si possa creare un corretto network tra queste due importanti sfere della quotidianità è fondamentale comprendere in termini metabolici ciò che avviene durante l'attività fisica, ciò che avviene durante il riposo, e come gli alimenti possano sostenere i processi di contrazione muscolare, migliorando la performance atletica, di recupero, facilitando la crescita delle varie strutture, e ritardando la comparsa di infortuni e dismetabolismi.
Le successive sezioni, che affronteranno i cambiamenti metabolici durante l'allenamento dal punto di vista biochimico, rappresentano la base per la comprensione dei meccanismi che si mettono in atto durante l'attività fisica, con l'obiettivo di rendere chiaro il senso dell'integrazione nutrizionale e della dietetica sportiva.
L'allenamento determina una serie di modificazioni dal punto di vista biochimico-metabolico sostenute evidentemente da una serie di variazioni strutturali, che consentono all'atleta di esprimere in maniera via via crescente una miglior capacità di resistere allo sforzo fisico e un ottimizzazione dei processi energetici e della relativa performance sportiva.
Il principale tessuto interessato da questi cambiamenti è quello muscolare, in cui si assiste ad :
un aumento del rapporto capillare/fibra, con una miglior ossigenazione delle fibre muscolari;
un incremento delle concentrazioni di mioglobina (proteina deputata al trasporto di ossigeno all'interno del muscolo);
un aumento delle concentrazioni di enzimi ossidativi coinvolti nell'ossidazione degli acidi grassi;
un aumento della massa mitocondriale e ribosomiale, con un attività metabolica decisamente più intensa.
Tutti questi adattamenti consentono alle cellule una più efficace capacità di utilizzare i vari nutrienti, sostenendo la cellula muscolare sia dal punto di vista energetico che biosintetico.
Ecco perchè diventa a questo punto particolarmente importante, comprendere quali siano le fonti energetiche utili alla funzionalità cellulare, come la cellula le utilizza durante l'attività fisica e come l'alimentazione può aiutarci nell'ottimizzare questi meccanismi.
Ruolo del Glicogeno
Il glicogeno muscolare, che nell'atleta allenato può raggiungere tranquillamente i 900 gr di peso, è di fondamentale importanza come combustibile durante l'esercizio fisico.
Il suo utilizzo e la sua rapidità di degradazione dipende essenzialmente dall'intensità con il quale viene svolto l'esercizio e quindi dal tipo di fibre reclutate.
Ad esempio un esercizio prolungato di corsa, potrà determinare l'uso ed il consumo solamente del 50-60% delle riserve totali di glicogeno, mentre ad esempio il ciclismo potrà utilizzarne esclusivamente il 40 %.
Al contrario sport ad elevata intensità come il culturismo o l'atletica leggera, la cui attività è essenzialmente legata a contrazioni statiche o dinamiche ripetute (salti e lanci), potranno addirittura portare all'esaurimento delle scorte di glicogeno in fibre di II° tipo, ossia fibre prevalentemente anerobiche con metabolismo non ossidativo.
E' quindi evidente che il tipo di fibre reclutate risulterà essenziale nel determinare il consumo di glicogeno, dal momento in cui, fibre di I° tipo - ossidative, attivate soprattutto in allenamenti di fondo, potranno utilizzare efficacemente gli acidi grassi come fonte energetica, considerando che in soggetti ben allenati il consumo di glicogeno è ulteriormente ridotto dall'elevata capacità di ossidare i lipidi come fonte energetica.
Glicogeno e fatica
Il consumo di glicogeno, che abbiamo capito fondamentale negli esercizi ad alta intensità come pesistica, calcio, atletica leggera, è associata anche alla comparsa della SENSAZIONE DI FATICA, importante in quanto spesso responsabile del calo della performance, nonostante sia in parte bilanciata da un maggior consumo di glucosio ematico.
Studi dimostrano infatti come il calo della performance possa registrarsi a concentrazioni muscolari di glicogeno pari a 40 mmol/Kg ( valore normale : 80 - 150 mmol/Kg) mentre la sensazione di fatica compaia a 20 mmol/Kg.
Nonostante questo rappresenti sicuramente un importante fattore associato alla comparsa della fatica, è opportuno in breve ricordare che oltre alla fatica muscolare dovuta al calo delle riserve di glicogeno, all'eccessiva acidosi dovuta all'attivazione di un metabolismo anaerobico o al calo delle concentrazioni di Calcio intramuscolo esiste una fatica centrale, la cui comparsa è regolata oltre che dal profilo ormonale e metabolico anche dalla determinazione e da altri fattori psicologici importanti che distinguono ad esempio l'atleta dal campione.
Come ritardare l'insorgenza della fatica
Ritardare l'insorgenza della fatica, rappresenta quindi un importante obiettivo, attraverso il quale è possibile sostenere la performance.
Oltre alla Supercompensazione, che verrà spiegata nel prossimo paragrafo e che richiede atleti particolarmente motivati e preparatori altrettanto preparati, è possibile tramite semplici accortezza alimentari ritardare l'esaurimento del glicogeno muscolare, rimpinzandone le scorte prima dell'allenamento, durante e dopo.
Prima dell'allenamento : Ad esempio il consumo a riposo di maltodestrine, può garantire un sensibile aumento delle concentrazioni muscolari di glicogeno ( studio effettuato con 400 gr di maltodestrine assunte a risposo, in grado di aumentare le riserve muscolari di glicogeno da 180 mmol/Kg a 230 mmol/Kg) ;
Durante l'allenamento : il consumo di bevande zuccherate durante l'esercizio fisico, riduce la produzione di IMP, ipoxantina, ammoniaca, migliorando l'equilibrio energetico locale
Dopo l'allenamento : l'assunzione di 1gr/kg di peso di zuccheri, riesce a ottimizzare la glicogenosintesi muscolare, e può essere potenziata dall'assunzione di carboidrati complessi nelle ore successive.
Allenamento e Supercompensazione
Esaurite le riserve di glicogeno è opportuno che l'organismo predisponga il muscolo al recupero e al ripristino delle quantità deplete.
In allenamenti poco intensi, non finalizzati al miglioramento progressivo della prestazione, un calo di circa il 40 - 50% viene recuperato attraverso un alimentazione equilibrata in circa 24 ore.
Differente è la situazione invece negli atleti, che utilizzano l'allenamento per migliorare le proprie performance, per i quali la deplezione di glicogeno e il successivo ripristino rappresentano una delle principali strategie per incrementare le capacità energetiche del muscolo.
E' stato dimostrato infatti come una significativa riduzione delle scorte muscolari di questo zucchero possa, attraverso un alimentazione calcolata e precisa, promuovere l'accumulo di quantità di glicogeno superiori a quelle di partenza, permettendo così al muscolo di sostenere esercizi per tempi più prolungati, ritardando la comparsa della temibile e deleteria FATICA.
Questo tipo di approccio al metabolismo glucidico pone le basi del principio di SUPERCOPENSAZIONE !!
In questo caso l'atleta si sottopone ad esercizi estenuanti sottomassimali, quindi ad alta intensità, anche per più giorni consecutivamente, in maniera da consumare il più possibile le proprie riserve di glicogeno, alternandoli a periodi di riposo, con diete ad alto contenuto glucidico, tali da ripristinare le riserve delplete, con un ulteriore carico, garantito dal principio di base dell'adattamento muscolare (che consentirà quindi al muscolo di accumulare quantità di glicogeno superiori rispetto a quelle di partenza).
I metodi dietetici e proposti in questo caso sono molteplici e dovrebbero essere formulati da professionisti esperti, considerando gli obiettivi, le capacità e le caratteristiche metaboliche del proprio atleta.
Acidi grassi e allenamento.
Come accennato nel precedente paragrafo, gli acidi grassi costituiscono un ottima fonte energetica per le fibre ossidative, rappresentando il principale substrato energetico durante l'attività fisica aerobica.
Ad esempio :
camminare ad ordinaria velocità (20 - 25% della VO2 max) permetterà un utilizzo prevalente dei lipidi;
correre (50% della VO2 max) permetterà all'organismo di trarre energia dai glucidi e dai lipidi in parti uguali;
Tuttavia negli atleti ben allenati infatti è possibile registrare un rapido incremento ed una successiva diminuzione degli acidi grassi plasmatici, proprio per il maggior utilizzo garantito dal muscolo che consente con la semplice corsa di ricavare circa il 70% dell'energia necessaria direttamente dai lipidi, garantendo così un miglior risparmio di glicogeno e ritardando quindi, l'insorgenza della sensazione di fatica.
Gli acidi grassi utilizzati dai tessuti sollecitati dall'allenamento, derivano oltre che dalla diretta fonte plasmatica, dall'idrolisi dei trigliceridi accumulati nel tessuto adiposo e in piccola parte da quelli contenuti nelle lipoproteine.
Come si è quindi precedentemente sottolineato, l'attività fisica è in grado di massimizzare l'ossidazione dei lipidi, con importanti effetti sia sulla performance atletica che sullo stato di salute dell'atleta.
Questa importantissima capacità, deriva essenzialmente dalla capacità dell'allenamento di :
- aumentare le dimensioni e il numero di fibre di primo tipo (ossidative), il numero e le dimensioni dei mitocondri e l'attività degli enzimi deputati all'ossidazione dei lipidi;
- indurre una lipolisi particolarmente intensa durante l'attività fisica, attraverso l'azione induttrice delle catecolammine sulla lipoprotein lipasi;
- ottimizzare i processi energetici, shiftando i processi ossidativi verso i lipidi e risparmiando il glicogeno.
In conclusione quindi, è opportuno ricordare come l'allenamento possa garantire una migliore ossidazione dei lipidi, favorendo quindi il dimagrimento, ma soprattutto come l'allenamento costante, possa indurre quella serie di variazioni biochimico-fisiologiche, tali da rendere l'organismo umano particolarmente efficiente dal punto di vista energetico.
L'esercizio muscolare induce un fisiologico catabolismo proteico, particolarmente intenso al livello epatico e al livello muscolare, per le proteine non contrattili, nonostante il contributo fornito alla totale spesa energetica sia poco rilevante, tale da raggiungere al massimo il 15% durante l'esercizio fisico intenso.
Anche in questo caso, come visto per tutti gli altri possibili "carburanti", il grado di allenamento, l'intensità dell'esercizio fisico, l'apporto calorico e proteico della propria alimentazione incidono anche in maniera significativa sulle capacità metaboliche dell'organismo.
E' infatti evidente che se il processo catabolico di base, consumi circa 12 gr di proteine all'ora, durante l'esercizio fisico ad alta intensità questo può facilmente toccare i 18 gr all'ora e rimanere elevato anche nel primo periodo post-allenamento, e come un corpo ben allenato e nutrito, quindi predisposto ad un determinato tipo di metabolismo possa risparmiare le proteine, optando invece per il glicogeno muscolare come fonte energetica.
Ma così come visto per il glicogeno, alla fase catabolica potrà seguirne una anabolica più intensa, responsabile del ben noto processo di SUPERCOMPENSAZIONE, che consentirà all'organismo di riprendere i processi sintetici a termine dell'allenamento, rifornendo l'organismo delle proteine degradate, ripristinando il pull proteico in eccesso rispetto a quello di partenza.
Aminoacidi ed energia
Naturalmente le proteine rappresentano un'importante fonte energetica, in quanto sono in grado di garantire il rilascio di aminoacidi, utilizzabili dal muscolo come fonte energetica, mediante l'attivazione di processi ossidativi.
Durante l'esercizio fisico, gli aminoacidi consumati dal muscolo, derivano in gran parte dal catabolismo proteico muscolare, epatico e splancnico.
Il fegato ad esempio può indurre un aumento della produzione di aminoacidi anche del 200/300% durante l'attività fisica prolungata, mentre il muscolo potrà ossidare differenti aminoacidi ed in particolare quelli a catena ramificata
Durante un esercizio di bassa intensità (30% VO2 max) prolungato per oltre 3 ore, come ad esempio la marcia, si può osservare un aumento della produzione da parte della milza e del fegato di aminoacidi a catena ramificata, che assunti dal muscolo con alta avidità vengono ossidati per produrre energia.
E' evidente in questo caso, che l'aumentato catabolismo proteico e aminoacidico, induce un incremento delle scorie azotate, il cui accumulo può risultare dannoso per l'intero organismo, e pertanto aminoacidi come la glutammina si fanno carico di trasportare al fegato questi rifiuti, permettendone l'eliminazione sottoforma di urea
Fabbisogno proteico
Risulta chiaro adesso comprendere come il fabbisogno proteico di un individuo, dipenda fortemente dal suo stile di vita, dal suo grado di allenamento, dal tipo di attività fisico svolto e naturalmente dalle sue condizioni fisio-patologiche.
Infatti se in un soggetto sedentario il consumo proteico giornaliero dovrebbe aggirarsi tra i 0.8 e 1 gr/kg di peso corporeo, per un atleta il limite massimo si spinge ben oltre fino addirittura ai 3gr/kg di peso corporeo, necessarie come si nota dall'immagine a garantire il corretto tasso di sintesi proteica.
In seguito si definiscono i fabbisogni proteici, espressi in grammi per Kg di peso corporeo, per varie tipologie di individui :
Sedentario puro : 1.1 gr/kg
Lavoro tranquillo, no allenamento : 1.3 gr/kg
Lavoro sedentario, si allenamento fitness : 1.5 gr/kg
Lavoro stressante, allenamento programmato : 1.7 gr/kg
Lavoro e allenamento quotidiano aerobico o pesistico : 1.9 gr/kg
Allenamento quotidiano pesante (atleta) : 2.1 gr/kg
Allenamento intenso, atleta agonista : +2.3 gr/kg.
Come già accennato nel paragrafo proteine e allenamento, gli aminoacidi a catena ramificata (BCAA : Leucina, Isoleucina eValina), rappresentano un importante substrato energetico per il muscolo durante l'attività fisica o il digiuno oltre che importanti tasselli necessari alla sintesi proteica.
In media, mentre in un individuo sedentario il fabbisogno di BCAA si aggira intorno ai 12-16 mg/Kg, durante l'attività fisica questo può salire fino a 30-45 mg/kg, nonostante nella pratica integrativa si ricorra generalmente all'assunzione di 100 mg/Kg.
Come detto in precedenza, il muscolo rappresenta il principale tessuto utilizzatore di questi aminoacidi ed in particolare della Leucina, la cui velocità di ossidazione durante l'esercizio fisico è di circa due-tre volte maggiore rispetto quella osservabile a riposo, e le cui concentrazioni calavano addirittura del 33%.
Il sensibile calo delle concentrazioni di BCAA, osservabile durante l'allenamento, si accompagna quindi un aumento del trasporto di triptofano e fenilalanina, attraverso la barriera ematoencefalica con la conseguente produzione di serotonina, dopamina e altre amine, in grado di favorire l'insorgenza del sonno e della stanchezza.
In conclusione quindi è importante prima e dopo l'allenamento o la competizione assumere una fonte di BCAA per :
ritardare l'insorgenza della sensazione di fatica;
sostenere le capacità energetiche muscolari;
ridurre il danneggiamento delle strutture muscolari;
migliorare le capacità anaboliche dell'organismo nella fase di recupero.
Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza, in quanto l'assunzione di Aminoacidi in genere e BCAA, soprattutto Leucina nello specifico, sembra in concomitanza alla somministrazione di zuccheri semplici, potenziare sensibilmente le capacità anaboliche dell'organismo, contribuendo al processo precedentemente descritto della SUPERCOMPENSAZIONE.
dott. Davide Racaniello